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Google ha confermato ciò che molti sospettavano: i contenuti scritti solo per l’algoritmo, senza alcun valore reale per l’utente, non bastano più. E non è questione di penalizzazione. Non mettiamola sul semplice perché radicale, nella logica del “bianco e nero”, perché non proprio questo ciò che conta.

Possiamo chiamarla come vogliamo, SEO, GEO, AEO, sta di fatto che i contenuti di qualità per Google, che resta il motore di ricerca / risposta più utilizzato al mondo, con una quota di mercato superiore al 90% valuta i nostri contenuti alla luce della loro autorevolezza, pertinenza, rilevanza, risposta precisa alla query, struttura chiara.

E per valutare i contenuti, nel mare infinito di testi, immagini, video ecc., che proliferano a iosa grazie anche all’AI che ci dà una bella mano… ha messo in campo i suoi quality raters.

A loro spetta il “terzo occhio umano” valutare manualmente la qualità delle pagine, identificare quelle vuote, ripetitive o prive di apporto umano, e riconoscere il cosiddetto “contenuto fuffa”.

Il messaggio è chiaro: la differenza non la fa la tecnologia, ma chi la usa con consapevolezza.

Il problema non è l’AI, ma la scarsa qualità dei contenuti

Non è l’uso dell’AI a essere penalizzato, ma l’uso superficiale dell’AI applicato a contenuti già scadenti: testi senza valore, creati per inseguire parole chiave a caso.

È la solita storia della SEO fatta male. La SEO efficace, invece, è quella che lavora sulla qualità: informazioni specifiche, utili, supportate da esperienza e risorse reali.

E allora, in un momento in cui chiunque può produrre testi in pochi secondi, la vera domanda è: come si creano contenuti davvero utili, pertinenti e in linea con ciò che Google considera di qualità? La risposta non è nelle regole da seguire, ma in ciò che solo un essere umano può offrire: conoscenza diretta, sensibilità, contesto, esperienze vissute. Tutti elementi che comunicano competenza autentica e affidabilità, e che fanno la differenza quando un lettore deve scegliere a chi affidarsi.

Parliamo in sostanza della SEO di sempre, quella che dopo l’avvento della SEO semantica, ci chiede di rivedere il concetto di ottimizzazione.

Lavorando sulla qualità, sulla specificità delle informazioni, sulle risorse, e non sul nulla creato ad hoc intorno a delle keyword.

Non è questione di “seguire le regole” per non essere penalizzati, ma di mettere nei contenuti qualcosa che un algoritmo da solo non può generare: conoscenza diretta, sensibilità, contesto reale, esperienze vissute.

È questo che comunica autorevolezza, affidabilità e una competenza autentica nel settore di riferimento.

È questo che genera un senso di fiducia nelle persone spinte a seguire un professionista o ad affidarsi ai prodotti o servizi di un’azienda.

D’altra parte, ci si chiede anche se l’intento di Google nel sollecitare questa benedetta qualità dei contenuti sia quello di alimentare le sue AI Overviews.

Perché se tutti ricorressero solo a contenuti generati da AI, il risultato sarebbe una ripetizione continua di idee già viste, una minestra riscaldata che non arricchisce l’ecosistema. E invece, per restare il motore di risposta più usato al mondo, Google ha bisogno di contenuti freschi, originali, unici e umani.

Anche perché avrebbe troppo da perdere nel momento in cui altri strumenti — da ChatGPT a Perplexity, da Claude ai nuovi concorrenti globali — iniziano a erodere quote di attenzione e fiducia da parte degli utenti.

Qualsiasi sia la motivazione, Google resta coerente con quello che chiede da anni ormai e anche con le AI Overviews punta a offrire risposte sintetiche, verificate e utili, senza rinunciare alla sua missione informativa.

In sostanza, chi vuole essere visibile deve produrre contenuti autorevoli, concreti, ottimizzati non solo per posizionarsi, ma anche per essere citati, referenziati e valorizzati nelle risposte AI.

La domanda che conta oggi è: cosa deve sapere chi comunica attraverso contenuti – testi, immagini, video, podcast – per diventare o restare visibile?

I contenuti che Google apprezza sono gli stessi che piacciono alle persone

Al di là di quello che dice Google, da sempre la comunicazione ha un obiettivo chiaro che può concretizzarsi attraverso la forma verbale o scritta. Sempre di contenuti parliamo. E proprio i contenuti servono a stabilire un dialogo reale con le persone.

Sono il mezzo più diretto per comunicare in modo chiaro, trasparente e continuativo con chi ci legge. Offrono valore, aiutano a costruire fiducia, e creano connessioni autentiche.

Un contenuto ben fatto non è solo testo ottimizzato per i motori di ricerca. È uno strumento che ha l’obiettivo di:

  • informare / educare / intrattenere
  • chiarire dubbi / rispondere a domande
  • offrire soluzioni / guidare una scelta.

Quando è pensato con attenzione, può diventare parte di un rapporto duraturo tra chi scrive e chi legge.

I contenuti che piacciono alle persone sono una risorsa strategica per il proprio business.

Fanno essere presenti, emergere competenze, visione, approccio, e permettono di raccontare chi sei prima ancora di dire cosa fai.

Nel tempo, sono proprio questi contenuti a posizionare un brand, a renderlo riconoscibile, a farlo percepire come autorevole e affidabile.

E-E-A-T: i segnali che Google osserva (da tempo e non da oggi)

In passato Google ha più volte chiarito quali sono i segnali che contraddistinguono un contenuto di qualità. Lo ha fatto nelle sue linee guida per i quality raters, nei documenti dedicati alla Search e nei core update degli ultimi anni.

E oggi ribadisce concetti già noti, che non dovrebbero sorprenderci o farci strabuzzare gli occhi. Ma oggi il contesto è cambiato perché siamo in un regime di “terrore” da visibilità rubata dalle AI Overviews. E allora tutto acquista un senso nuovo.

Il principio è sempre lo stesso: più un contenuto è percepito come utile, affidabile e prodotto con reale conoscenza dell’argomento, più ha possibilità di posizionarsi bene, di essere considerato anche dalle AI Overviews di Google oltre che essere citato come fonte dagli altri LLM.

E questo vale a prescindere dal formato — che sia un articolo, una guida, una recensione o una scheda tecnica.

E-E-A-T: Esperienza, competenza, autorevolezza e affidabilità

Il modello di riferimento si chiama EEAT e tiene conto di quattro elementi:

  • Esperienza: il contenuto riflette un’esperienza diretta o personale dell’autore nel trattare l’argomento.
  • Competenza: chi scrive dimostra padronanza reale, conoscenze specifiche, capacità di approfondire in modo corretto.
  • Autorevolezza: il contenuto è pubblicato in un contesto riconosciuto, credibile, coerente con il tema trattato.
  • Affidabilità: le informazioni sono accurate, verificabili, aggiornate; il tono è chiaro e professionale.

Non si tratta di requisiti “formali”, ma di indizi che Google raccoglie per capire se un contenuto merita fiducia, sia agli occhi degli utenti che ai fini del ranking. Non basta scrivere bene: bisogna dimostrare di sapere di cosa si parla — e farlo con un taglio che aiuti davvero chi legge.

Quality raters in azione: Google alza il livello di guardia

Con le linee guida aggiornate al 2025, Google chiede ai suoi quality raters di prestare particolare attenzione alle pagine in cui il contenuto è generato da strumenti di intelligenza artificiale.

Se questi testi risultano generici, privi di valore aggiunto o di un apporto umano riconoscibile, devono essere classificati come “Lowest Page Quality”, ovvero come contenuti di qualità più bassa.

E-E-A-T rafforzato: contenuti verificabili

I criteri E-E-A-T sono stati aggiornati con richieste più esplicite:

  • Per l’esperienza, Google si aspetta tracce verificabili (progetti reali, portfolio, esempi pratici).
  • Per la competenza, soprattutto nei settori sensibili, sono richiesti riferimenti a fonti ufficiali, pubblicazioni o autorità riconosciute.

Una precisazione: John Mueller – attualmente Search Advocate presso Google Zurich, ha chiarito che l’E-E-A-T è un criterio utilizzato dai valutatori di qualità di Google per giudicare i risultati di ricerca, specialmente per argomenti YMYL (Your Money or Your Life).

E ha anche specificato che “[…] l’EEAT non è qualcosa che i siti web possono semplicemente “aggiungere” come una funzionalità SEO, e non è neanche un fattore algoritmico cosi critico per i siti web che non trattano argomenti YMYL. Il concetto serve per valutare la qualità e l’affidabilità dei contenuti, ma non come una checklist SEO.” [Fonte: Search Engine Land]

Contenuti generati da AI: rating “Lowest”

Le pagine che presentano contenuti creati da AI — senza personalizzazione, senza verifica, senza alcuna esperienza tangibile — ricevono una valutazione più bassa. Google chiarisce che originalità, sforzo e valore umano sono criteri imprescindibili per aggiudicarsi un posto in SERP.

Differenza tra “Low” e “Lowest” Page Quality

Le linee guida introducono una distinzione importante tra contenuti:

  • Low Page Quality: contenuti con minimo sforzo umano, magari adattati da fonti esistenti (es. post social trasformati in articoli, con pochi commenti aggiunti).
  • Lowest Page Quality: contenuti parafrasati, copiati o interamente generati da AI, senza alcun valore distintivo o verifica.

Nuove categorie di spam

Tra le nuove categorie di spam, Google ha inserito l’abuso di contenuti di massa: produzione industriale di centinaia o migliaia di pagine al mese tramite AI, senza editing umano

Filler Content

Google definisce come “filler” qualsiasi elemento che diluisce il valore della pagina. Rientrano in questa categoria:

  • Testi introduttivi ridondanti, inseriti solo per allungare il contenuto.
  • Layout sbilanciati, dove oltre il 50% dello spazio sopra il fold è occupato da pubblicità o elementi irrilevanti rispetto al contenuto principale.

Questi aggiornamenti tracciano una direzione netta: Google vuole contenuti autentici, affidabili, dimostrabili, anche (e soprattutto) quando si parla di SEO.

In definitiva, l’intelligenza artificiale può essere uno strumento utile, ma non può sostituire la voce, l’intento e la competenza dell’essere umano.

H2 I limiti dell’IA nella generazione dei contenuti

Al di là di ogni atteggiamento purista o inutile commento sulla utilità dell’AI – evidente e comprensibile anche ai più tradizionalisti – è vero che i contenuti generati dagli LLM necessitano, quantomeno, di una revisione umana.

Il “tocco umano” fa la differenza

I contenuti generati dall’intelligenza artificiale possono sembrare rapidi, efficienti e ben strutturati. Ma proprio questa apparente perfezione rischia di diventare il loro limite.

Mancano di ciò che rende un testo credibile, coinvolgente, memorabile:

  • esperienza
  • emozioni
  • punti di vista reali.

Senza un intervento umano, l’output dell’AI risulta piatto, generico, impersonale. E questo è un problema, non solo per Google, ma anche e soprattutto per chi legge. Per noi persone. Già la nostra attenzione online è molto effimera, con un testo piatto e privo di vita, cala in modo drastico allo 0%.

Le persone stanno anche imparando a riconoscere un contenuto “finto”, passami il termine, senz’anima. Chi ancora non li avesse percepiti, questi sono i segni chiarissimi di un testo scritto solo con l’AI:

❌ Linguaggio generico, che evita opinioni forti o prese di posizione
❌ Strutture ripetitive, con frasi che seguono schemi sempre uguali
❌ Verbosità inutile, con testi allungati artificialmente
❌ Assenza di esempi personali, che rende il contenuto freddo e poco concreto
❌ Uso di cliché e frasi fatte, senza originalità o stile
❌ Transizioni forzate, che collegano i concetti in modo meccanico
❌ Tono emotivamente neutro, senza calore, umorismo o autenticità

Il concetto è che un contenuto così non è di qualità, sia esso generato da AI o dalla mano di un essere umano.

I contenuti “troppo perfetti”, visivamente impeccabili ma emotivamente vuoti, vengono riconosciuti per ciò che sono: artificiali, generici, non affidabili. E quando un messaggio non trasmette autenticità, anche il prodotto o il servizio che promuove perde forza.

È invece l’apporto umano, l’esperienza diretta, la capacità di narrare, il pensiero critico, lo stile personale, a rendere un contenuto capace di attirare attenzione, fiducia, risultati.

Solo chi conosce davvero qualcosa perché l’ha vissuta, toccata, sperimentata può descriverla con parole concrete, visive, reali. Questa specificità, fatta di dettagli sensoriali e autentici, permette a chi legge di immaginare l’esperienza d’uso di un prodotto o servizio ancora prima di provarlo. Ed è proprio quell’immaginario, così vivido e credibile, a fare spesso la differenza tra curiosità e azione.

In questo senso, anche se può sembrare che le linee guida di Google servano solo a difendere un interesse aziendale, in realtà possono anche spingerci a non perdere il meglio della nostra creatività. A non abbandonare la parte più autentica del nostro modo di comunicare.

Perché se è vero che l’AI può aiutare, è altrettanto vero che non potrà mai sostituire la nostra voce, la nostra esperienza, la nostra capacità di ispirare fiducia. E qui tocchiamo un altro punto nevralgico che è bene però disambiguare visto che se ne fa oggetto di scenari allarmanti e paure futuristiche.

Il rischio non è tanto quello di perdere il lavoro a causa dell’AI. Che accada in certi ambiti e per certi task ripetitivi, sì, sta già accadendo. Ma per i lavori più specialistici, il rischio è lasciare che l’AI prenda il sopravvento e sia “lei” a guidare la nave.

Come applicare l’E-E-A-T nei tuoi contenuti

Tornando al principio E-E-A-T: Esperienza, Competenza, Autorevolezza e Affidabilità, non lasciamole vibrare nell’aria come belle parole senza applicazione pratica. Facciamole diventare azioni concrete che chi scrive può (e deve) dimostrare attraverso scelte stilistiche, tono, struttura e approccio. Ottimizzare per la SEO comporta anche questo tipo di riflessione sulla qualità di un contenuto generato rispettando criteri fondamentali oggi più che mai.

SEO e E-E-A-T: come ottimizzare i contenuti

L’E-E-A-T non si “ottimizza” come una parola chiave ma si costruisce, si dimostra e si comunica in ogni contenuto pubblicato. Per chi produce contenuti e/o si occupa di SEO, questo significa spostare l’attenzione da semplici metriche tecniche a un approccio più profondo e strategico nella creazione e valorizzazione dei contenuti.

  • Creare contenuti che dimostrino competenza reale: testi ben scritti, ma anche accurati, informativi e utili. Non bastano frasi corrette: serve conoscenza dell’argomento, ricerche aggiornate, fonti affidabili, esempi concreti.
  • Valorizzare chi scrive: per i siti che trattano temi sensibili trattati in pagine e contenuti che potrebbero potenzialmente influenzare il benessere, la salute, la stabilità finanziaria o la sicurezza delle persone, come la salute, la finanza, informazioni legali, ecc., per tutti questi contenuti Google applica criteri ancora più stringenti. In questi casi, ogni contenuto deve essere dimostrabile, accurato e trasparente. È fondamentale rendere visibile chi c’è dietro, inserire una bio, indicare titoli di studio, certificazioni, pubblicazioni, casi studio: tutto ciò che contribuisce a costruire fiducia. Ma anche per i siti che non rientrano in queste categorie, l’E-E-A-T resta un segnale positivo di qualità.
  • Costruisci autorevolezza esterna: l’autorevolezza non si dichiara, si guadagna. Serve un lavoro continuo di reputazione digitale: ottenere link naturali da fonti rilevanti, partecipare a conversazioni di settore, essere citati da altri professionisti credibili.
  • Trasmetti affidabilità con ogni dettaglio: dal design alla user experience, dalla presenza di una pagina “Chi siamo” completa alla facilità di contatto. Un sito che ispira fiducia è un sito che rispecchia, anche visivamente, ciò che promette nei contenuti.
  • Rendi visibile ciò che già c’è: spesso l’esperienza e la competenza esistono ma non sono esplicitate. Il lavoro del SEO è anche far emergere ciò che rende il sito o l’autore una fonte autorevole. Se un contenuto è firmato da un esperto, fallo sapere al lettore.

Consigli per chi crea contenuti per il web

Voglio concludere con una checklist utile per chi crea contenuti per il web, senza rinunciare all’aiuto dell’AI.

1. Racconta esperienze vere

L’intelligenza artificiale è capace di costruire testi grammaticalmente perfetti, ma non ha vissuto nulla. Non conoscere emozioni né può fare esempi personali. La tua voce umana è il valore aggiunto: parla in prima persona, racconta cosa hai imparato, condividi successi, errori, impressioni. Se il tuo settore lo consente, scrivi o racconta come hai fatto tu a risolvere un problema, coinvolgendo il tuo pubblico, e non solo dando informazioni per istruirlo.

2. Resta fedele al tuo settore o ambito di competenza

Se ti occupi di una cosa in particolare, resta in quel campo specializzandoti per una nicchia specifica, anche se piccola. Questo non vuol dire penalizzare l’informazione, ma renderla pertinente all’argomento. Scrivere di tutto per intercettare traffico, non premia, non funziona. I contenuti più utili, i migliori… nascono dalla profondità, non dalla quantità. Se parli di ciò che conosci bene perché lo fai ogni giorno, perché lo hai studiato o sperimentato, il tuo contenuto sarà naturalmente più utile, preciso e autorevole. Agli occhi di tutti.

3. Semplifica, ma con sostanza

Scrivere bene non significa scrivere complicato. Usa una sintassi semplice e chiara, uno stile diretto, una voce attiva, vocaboli riconoscibili, familiari. Evita parole inutili, avverbi rafforzativi e riempitivi o i giri di parole, lascia stare il gergo tecnico, superfluo se stai parlando a persone che non sono del campo. Aiuta il tuo lettore a scalare ogni paragrafo per fare quel passo più avanti nella comprensione o nella soluzione di un problema. Per te, questo percorso significa interesse, coinvolgimento e possibile conversione.

4. Usa un tono conversazionale, empatico, rivolto all’uno, non a tutti

Un contenuto che funziona parla a un pubblico specifico, non a tutti. Per questo motivo, il tono può diventare amichevole, conversazionale, avvalendosi di immagini anche più concrete, come se stessi parlando a una persona. Ciò non vuol dire rendere banali i concetti, ma cercare di renderli accessibili, di aprire un canale di comunicazione empatica per far sentire compresa la persona che ti legge o ti guarda e ascolta.

5. Cura forma e leggibilità

Parlando dei testi scritti, è importante dedicare cura alla forma e alla sostanza. Un articolo lungo che si presenta come il classico muro di testo, farà scappare anche il più impavido e accanito lettore. Non c’è respiro, non c’è attenzione.

Lo sforzo può essere tanto ma la ricompensa è interessante. Aggiungere una struttura con sottotitoli chiari, elenchi puntati, testo in grassetto dove serve, aggiungere immagini originali, schemi, citazioni, infografiche, video, funziona e premia perché rende il contenuto più interessante e autorevole.

6. Dimostra ciò che dici

Quando dichiari qualcosa, soprattutto se si tratta di affermazioni tecniche o sensibili, supportala con prove: link a studi, fonti ufficiali, esperienze documentate, immagini originali. Non basta dire “è così”: mostra perché è così.

7. Sviluppa una voce riconoscibile

Il web è pieno di articoli che si somigliano. Il tuo contenuto non deve solo essere corretto, deve essere riconoscibile. Costruisci uno stile che rispecchi chi sei, come parli, come lavori. È quella voce a far sì che le persone tornino da te.

8. Rispondi alla domanda dell’utente

Quando si crea un contenuto, il rischio è quello di inoltrarsi in una giungla infinita. C’è tanto da scrivere, tanto da sistemare… e la tentazione è quella di restare in superficie, dare solo delle semplici definizioni. Ma il valore aggiunto è dato dalla profondità. Chi legge, deve trovare la risposta che cerca proprio sul nostro sito, senza cercarne altri.

Quindi, il punto è saper anticipare dubbi, approfondire, collegare informazioni. Chi legge, deve uscire dalla pagina con la risposta in tasca e con il sito aggiunta tra i preferiti. La volta dopo, verrà diretto da noi, senza dover cercare su Google, col rischio di trovarsi di fronte alla risposta di AI Overviews.

Il mio compito è proprio questo: aiutarti a diventare una fonte riconoscibile e autorevole, che le persone cercano digitando direttamente il tuo nome, quello del tuo sito o, meglio ancora, il tuo URL.

Contattami se hai bisogno di una mano per creare contenuti che funzionano, a prescindere da qualsiasi cambiamento stia avvenendo o avverrà nei prossimi anni.

Come scrivere contenuti di qualità per Google e per le persone nell’era dell’AI – FAQ

Come posso dimostrare l’esperienza nei miei contenuti?

Condividi casi studio, testimonianze o esempi pratici che illustrino la tua esperienza diretta nell’argomento trattato.

L’uso dell’intelligenza artificiale nei contenuti è penalizzato da Google?

No, Google non penalizza l’uso dell’AI, ma favorisce contenuti che offrono valore aggiunto, originalità e un apporto umano significativo.

Cosa significa “filler content” e come evitarlo?

Il “filler content” si riferisce a contenuti ridondanti o poco rilevanti inseriti solo per aumentare la lunghezza dell’articolo. Evitalo concentrandoti su informazioni utili e pertinenti per il lettore.

Come posso migliorare l’autorevolezza del mio sito?

Ottenendo backlink da fonti affidabili, collaborando con esperti del settore e mantenendo una presenza attiva e coerente online.

Quali sono i segnali di affidabilità che Google considera?

Informazioni accurate, aggiornate e verificabili, una struttura del sito chiara e trasparente, e la presenza di dettagli di contatto e informazioni sull’autore.

Come posso adattare i miei contenuti alle nuove linee guida di Google?

Focalizzati sulla creazione di contenuti originali, utili e pertinenti, che riflettano la tua esperienza e competenza, e che siano ottimizzati per offrire una buona esperienza utente.

Picture of Christian Carlo Cilli

Christian Carlo Cilli

SEO and Digital Marketing Consultant | Trainer | Innovation Manager I Create Web Marketing and Digital PR strategies

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